Premessa: se si arriva oggi a parlarne è innanzitutto perché l’attuale legge sanitaria è “scaduta” l’anno scorso: nel 2015, infatti, la riforma Maroni aveva degli aspetti di possibile incostituzionalità e l’accordo con il Governo di allora fu quello di farla diventare una sperimentazione di 5 anni, al termine della quale si sarebbe dovuto valutare il da farsi. Ed eccoci qua.
Nel dicembre 2020 il Ministero invia una valutazione molto dettagliata su questi cinque anni e su tutti i problemi del sistema lombardo – con alcune prescrizioni obbligatorie ed altri consigli per migliorare. Di tutto questo vi parlo da domani, quando il dibattito entra nel vivo.
Ma la nota del primo giorno è che la maggioranza non ha cambiato il disco. Il relatore Monti (Lega) presenta la riforma e dice: “200.000 persone vengono a curarsi in Lombardia e questo dimostra che il sistema funziona”.
No! Questo dimostra che è meglio fare in Lombardia che, ad esempio, in Basilicata un intervento di cardiochirurgia pediatrica o per un aneurisma celebrale, ma il sistema non si esaurisce con i soli interventi chirurgici di eccellenza.
E’ proprio questa filosofia che ha portato all’abbandono della sanità territoriale. E’ proprio questa filosofia che non investe personale e risorse nella riduzione delle liste d’attesa, nella presenza capillare delle strutture sanitarie, in tutte quelle prestazioni che non sono di eccellenza, che non vengono pagate tanti soldi ma che sono quotidiane e fondamentali per le persone!